La grande bellezza, di Sorrentino
La grande bellezza
La grande bellezza ha molti pregi. E' un'opera apprezzabile
per il tributo ad un ampio, anzi ampissimo cerchio extratestuale, memorabile
nel mercato culturale: referenti importanti nella letteratura (Proust,
Flaubert, Schnitzler, eccetera),
nella musica, nel cinema (Fellini, Kubrick, Pasolini, etc.), nella fotografia, nella politica-spazzatura attuale…
E' un film postmoderno, citazionista (tanto per suggerire un
riferimento eclatante, un rimando continuo specie nelle scene del ballo e della
mondanità romana, è a D'Agostino, Pizzi e il Cafonal"), che appare sia
superficiale sia profondissimo: è un effetto questo molto abile. La profondità
del superficiale, e la sua estetizzazione, lenta ed estrema.
Il film ha varie sub-trame, che si intrecciano intorno ad un
personaggio centrale, il quale ha carattere e malinconia esistenzialista, ma
che è reso per questo anche un po’ patetico: una trama tragicomica, con delle
maschere e con dei mascheroni… come è nello stile di Sorrentino, che ha qui
consolidato la sua cifra stilistica con la sua rituale e tecnicistica
estetizzazione della decadenza, la stravaganza delle trame della
‘non-direzione’, collettiva ed individuale, del vivere quotidiano.
Ci sono dei sottotemi importanti intorno al tema principale,
che è la disillusione.... dell'eroe decadente, che vede più in là degli
altri (o almeno così egli crede),
e che ad un certo punto, per posa, si dichiara misantropo (ma non lo è, essendo
capace di compassione)... un uomo che si crede dentro questo contesto decadente
immerso fino al collo, ma che tuttavia continua a cercare spunti di speranza
dentro di sé fino all'ultimo per trovare un senso, se non un rimedio, alla
morte, che è anche l'altro tema centrale pervasivo: la maggior parte dei
protagonisti sono dei vecchi, e dei personaggi centrali o secondari
all'improvviso muoiono, anche due che sono giovani (una per un morbo
misterioso, e l'altro suicida), ma disillusi.
Il tempo sfugge di mano a tutti.
Celebrata o ridicolizzata, la loro morte è inutile, vana,
vuota ed
insensata, come la vita, ovvero come noi sempre la
conosciamo, quando riusciamo ad essere semplicemente realisti.
Il film, infatti, ha un fondo realista.
C'è un discorso simbolico sulla decadenza, che, ormai, non è
nemmeno più interrogata: è accettata qual è, punto, e posta in un piano
secondario rispetto alla ricerca della bellezza ideale.
C'è, pertanto, anche un discorso di dissoluzione collettiva,
nella
mondanità, oltre che individuale, della perdita di qualsiasi
possibile direzione..., e c'è una riflessione che riguarda l'antropologia
culturale, specie cattolica, intorno al nuovo "sacro"... - alla nuova
esigenza del sacro - il tutto trattato con 'molta' ironia, e ovvia dissacrazione,
quasi a spingere verso lo scandalo e il sacrilegio. Ma questo non
funziona, perché ormai nessuno secondo me si offende per il proprio sentimento
religioso più di tanto...sebbene questo, nei media, sia ancora protetto dalla
legge.
Ma anche quello è solo un modo per rivalutare il senso della
religione, non per negarlo. Dunque è un film anche post-religioso con un 'pot
pourri' di fedi e credi riuniti intorno al personaggio della vecchissima suora
(definita "la santa"), il cui responso finale ricorda il senso del
ritorno alle radici, di cui ci si deve nutrire fino al sacrificio di sé
(altruistico e simbolico) alla morte.
La vetusta santa sale fino in cima delle scale di un santuario, in ginocchio - quasi ne muore, ma ce la fa,
dato che il nutrirsi di radici le ha assicurato non solo la longevità, ma ha
reso stabile il suo prestigio spirituale.
- Recensione di Erminia Passannanti
- Recensione di Erminia Passannanti
Dettagli del film
Lingua originale Italiano
Paese di produzione Italia,
Francia
Anno 2013
Durata 142
min
Genere commedia
drammatica
Regia Paolo
Sorrentino
Soggetto Paolo
Sorrentino
Sceneggiatura Paolo
Sorrentino, Umberto Contarello
Produttore Nicola
Giuliano, Francesca Cima
Casa di produzione Indigo
Film, Medusa Film, Babe Films, Pathé
Distribuzione (Italia) Medusa
Film
Fotografia Luca
Bigazzi
Montaggio Cristiano
Travaglioli
Musiche Lele
Marchitelli
Scenografia Stefania
Cella
Costumi Daniela
Ciancio
Trucco Maurizio
Silvi
Interpreti e personaggi
Toni Servillo: Jep Gambardella
Carlo Verdone: Romano
Sabrina Ferilli: Ramona
Carlo Buccirosso: Lello Cava
Iaia Forte: Trumeau
Giovanna Vignola: Dadina
Pamela Villoresi: Viola
Galatea Ranzi: Stefania
Franco Graziosi: Conte Colonna
Sonia Gessner: Contessa Colonna
Giorgio Pasotti: Stefano
Giusi Merli: Suor Maria "La Santa"
Dario Cantarelli: Assistente della Santa
Roberto Herlitzka: Cardinale Bellucci
Serena Grandi: Lorena
Massimo Popolizio: Alfio Bracco
Anna Della Rosa: "Non fidanzata" di
Romano
Luca Marinelli: Andrea
Ivan Franek: Ron Sweet
Vernon Dobtcheff: Arturo
Lillo: Lillo De Gregorio
Luciano Virgilio: Alfredo
Anita Kravos: Talia Concept
Massimo De Francovich: Egidio
Aldo Ralli: Cardinale
Isabella Ferrari: Orietta
Fanny Ardant: Se stessa
Antonello Venditti: Se stesso
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