La poesia "Il vortice" si sviluppa in versi liberi e brevi, con costante ricorso all’enjambement e all’isolamento del verso singolo. Questa scelta formale, tutt’altro che ornamentale, è funzionale alla restituzione di uno stato emotivo perturbato: il ritmo spezzato e frammentario traduce visivamente e fonicamente l’instabilità interiore del soggetto lirico, replicando l’effetto di disorientamento evocato dal titolo. L’andamento esitante della versificazione mima quello del pensiero e dell’affettività. La ripetizione del termine “vortice”, in apertura e poi nel cuore del testo, ha funzione strutturale e simbolica. In prima istanza rappresenta una crisi interiore, “l’anima mia / colta in un / vortice”, poi si concretizza nel movimento dei “capelli inanellati”, stabilendo una corrispondenza tra sfera psichica e fisicità. Il vortice diventa così nucleo centripeto dell’immaginario poetico, attorno al quale ruotano le altre figure. Il linguaggio si distingue per la sua semplicità, carica di suggestione lirica. La sintassi essenziale e le frasi ridotte esaltano ogni parola, rendendo ciascun frammento densamente evocativo. Dietro l’apparente minimalismo, si cela un sistema di corrispondenze simboliche, che unisce elementi naturali e stati d’animo con sottile coerenza.
Il tono è misurato e meditativo, non enfatico, e riflette in modo autentico il tema del dolore trattenuto, che all'improvviso si libera. L’io si manifesta in modo sfumato, tendendo a dissolversi nel paesaggio, secondo una poetica della fusione tra soggetto e ambiente. Questa rarefazione dell’identità individuale apre la via a una universalizzazione dell’esperienza emotiva, che si rende condivisibile proprio attraverso il suo radicamento simbolico. Così il "vortice" è un correlativo oggettivo di eliottiana memoria.
La natura non è sfondo ma proiezione della psiche, un paesaggio interiore esternalizzato. Ogni immagine naturale è caricata di funzione emotiva: i piedi “scalzi” sulle “conchiglie infrante” indicano la nudità emotiva e la ferita del contatto diretto con ciò che è spezzato. Le conchiglie, da oggetti di bellezza, si trasformano in frammenti dolorosi di un passato corrosivo, che le ha distrutte.
Il mare che “recita un salmo” conferisce al paesaggio una valenza liturgica e sacrale, dove la sofferenza entra come in un rito naturale. Le “spume bionde”, apparentemente luminose sotto il “sole di marzo”, incarnano un’ambiguità percettiva: la doratura visiva è illusoria, smentita dal contesto freddo di un sole primaverile, instabile per definizione. I “capelli inanellati” nel vortice sono associati a “lunghi pensieri”, in una sinestesia visiva e mentale che unifica corpo e mente: i capelli diventano estensione del pensiero, proiezione fisica del turbamento: s'innalzano tuttavia con una pulsione alla verticalità, come nel sonetto di Petrarca "Solo et pensoso...".
Al centro del testo si colloca, dunque, la perdita: di equilibrio, di protezione, di identità. Le immagini si rincorrono come indizi: l’anima travolta, i piedi nudi sulla spiaggia, la mesta musica delle onde del mare, il pensiero che vaga, la tristezza che trapela dallo sguardo. Il colore azzurro crea un nodo sinestetico che lega mare, cielo, occhi e pianto, costruendo una rete semantica coerente e affettivamente potente.
L’immagine finale del “manto azzurro” sulle spalle, strappato dal vortice di vento, o da qualche forza interna ad esso, suggella il tema della spoliazione: il mantello, simbolo di protezione e dignità, viene sottratto con violenza. In questo modo, la poesia elabora un linguaggio simbolico compatto, in cui ogni elemento naturale incarna e non solo rappresenta il trauma e la vulnerabilità, ma anche la pulsione a contemplare, eventualmente, un "oltre", una dimensione che sovrasta.
"Il vortice" è un esempio di lirismo simbolico e introspettivo, in cui ogni scelta formale -- versificazione, ritmo, metafora, colore, -- concorre a costruire una rappresentazione coerente di smarrimento in una natura che assume un ruolo di eco e amplificazione dell’interiorità. Ne risulta una poesia compatta e insieme aperta, che non enuncia ma evoca, e nel farlo permette al lettore di riconoscere se stesso in quel vortice emotivo condiviso.
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