Il pane della verità: In memoria di R.S. Thomas (1913-2000) di Erminia Passannanti (4 febbraio 2005)
RS Thomas - Poesia Gallese
Il pane della verità: In memoria di R.S. Thomas (1913-2000)
di Erminia Passanna nti
Il 25 settembre del 2000 è morto uno dei più grandi poeti del Galles, il Vicario R.S. Thomas. Nato a Cardiff, nel 1913, si laureò in Teologia all’Università di Bangor (Galles del Nord). Dopo il seminariato presso il St Michael' s College, (Llandaf, Cardiff), nel 1936 fu ordinato prete e iniziò la carriera ecclesiastica come curato a Chirk e Hanmer, nelle marcite del Galles. Nel 1942, avendo sposato la pittrice gallese Mildred E. Eldridge, apprese la lingua locale a cui non aveva mai avuto un reale accesso, ma continuò a comporre versi esclusivamente in inglese. Dal 1954 al 1967 fu vicario di Eglwys-fach, nel Cardiganshire. Nell’isolamento di questo villaggio, compose le sue prime raccolte poetiche, in cui si afferma il personaggio di Iago Prytherch, un contadino il cui duro lavoro nei campi diventa emblematico della fragilità della condizione umana. Immerso nella sua dimensione agreste ciclica e alienata, dalla quale patisce i danni della storia senza potervi prendere parte, il contadino offre al poeta più di ogni altra creatura spunti di profonda compassione (“Ah, amico mio, che la gente ignorante considera l’ultimo degli uomini...”). Vicario di Aberdaron, nel Caernarfonshire, dal 1967, Thomas si dedicò occasionalmente anche a saggi letterari (“The making of a poem”, 1969), di critica politica (“Poets on the Vietnam War”, 1968) e dei costumi (“The Welsh Parlour”, 1958, “Letter in support of devolution and signed by others”, 1979).
R.S. Thomas visse, dunque, la condizione di poeta come una fuga dell’Io immanente dalle opprimenti ingiunzioni della missione religiosa: “Mi scuso per le mie bugie, per l’esteso fallimento/della mia guerra di poeta; per aver preferito/ la facile rima del cuore/alla monografia mentale...” (“Death of a poet”). La sua riflessione sulle dolorose dicotomie corpo-anima, ragione-fede, imposte all’uomo dalla tradizione giudaico-cristiana (The Minister, 1953) e dall’ inarrestabile decimazione dei valori nell’occidente contemporaneo (Song at the Year’s Turning, 1955), si sono andate complicando nelle opere della maturità dall’assunzione di un dubbio metodologico anche nei confronti dell’adesione agli stessi dogmi religiosi.
Poeta modernista d’indubbio rigore intellettuale, godette di un saldo e costante successo di critica sia in Galles sia in Inghilterra. La popolarità che R.S. Thomas acquisì alla stessa epoca dell’altro grande poeta gallese del Novecento, Dylan Thomas, nasceva non dall’eccentricità dell’esperienza metropolitana o dal linguaggio stravagante di un romanticismo moderno, ma dal contatto diretto con le realtà più sperdute delle colline gallesi, e dallo spettacolo della miseria endemica di quelle comunità rurali. Rappresentandone il graduale deperimento in senso sia culturale che linguistico (e testimoniando il rischio d’estinzione della lingua gallese), la poesia politica di raccolte quali The Stones on the field (1946), An acre of land (1952), Poetry for supper (1958), e The bread of truth (1963) istituiva un confronto diretto con altre classi sociali e zone privilegiate delle isole britanniche, sovvertendone il principio di autorità assoluta, come avevano fatto Yeats e McDiarmid. Gravata spesso dal peso della riflessione filosofico-religiosa, la poesia di questo grande autore illustra lo scontro tra la storia e la natura, i miti dell’accogliente tradizione popolare pagana e l’aspra religiosità di un cristianesimo scismatico, tematiche queste comuni a Ted
Hughes, Seamus Heaney, e Geoffrey Hill.
Thomas non attribuiva un valore salvifico alla poesia. La sua poetica, di un realismo concreto e desolato, si è sviluppata, infatti, lungo l’asse di una progressiva e irrecuperabile perdita, decisa dalla malignità delle forze distruttive del vivere quotidiano che accomunano, in uno stesso destino di sconfitta, il potente e l’umile contadino abitatore della più recondita provincia dell’esistere (Pietà, 1966, Laboratories of the Spirit, 1975). Apocalittica alla maniera di Hopkins, pregna di un linguaggio che tradisce un pessimismo desolato a indicare il difficile rapporto tra la parola e la realtà, la poesia di R.S. Thomas è, dunque, portatrice non solo del messaggio dell’autore, ma della voce di coloro a cui la vita non concede potere (What is a Welshman, 1974). In due delle sue ultime raccolte, Mass for hard times, (1992)e No Truce with the Furies, (1995) questo elemento sociale si carica di una forte vena polemica contro la riduzione del reale a beffarda artificiosità, ad opera dei media. Di tale moralismo di matrice tutt’altro che popolare, il poeta si dichiara portavoce non senza una dose di auto-ironia, che ne smorza la facciata conservatrice:
“Le furie prosperano nello specchio; è il loro domicilio. Perfino l’acqua più pura, se abbastanza profonda fa paura. Non t’illudere di poterle sorprendere. La tua faccia che ad esse si accosta più che mai amichevole è la negletta bandiera bianca della resa. Non c’è tregua con le furie. La temperatura dello specchio è sempre a zero. Gelo che percorre le vene. Macchina fotografica a raggi X. Calice che mi s’innalza dinanzi, nel silenzio della Comunione, a cui aff
Rifuggendo da ordinari ideali di purezza – una tendenza questa per molti versi strana in un prete - R.S. Thomas non ha offerto la fede come rimedio alla decadenza dei tempi, piuttosto l’ha smantella, mostrandone l’ intransigenza assiomatica rispetto alle problematiche dell’uomo comune nel presente post-industriale. Il discorso etico di R.S. Thomas, dinanzi al Dio invocato che ciò nondimeno si cela agli uomini, ha implicato la trattazione di questioni contemporanee anche di interesse laico, come il diritto alla vita, a partire dalla soglia fetale. La sua testimonianza poetica contro la pratica dell’aborto, lontano dall’essere religioso, è di un esistenzialismo che, per quanto negativo, individua tuttavia nel vivere una possibilità futura per l’essere. Se un legame si volesse indicare tra R.S. Thomas e un poeta del Novecento italiano, si dovrebbe pensare a Franco Fortini non solo per la costante indignazione verso il mondo, ma per la forza della sua resistenza.
Le immagini di densa potenza evocativa e autorità profetica della recente poesia di R.S. Thomas, evolvendosi dalle liriche semplici e di profonda umanità di Stones of the Field (1946) e The Minister, (1953) rendono conto di un’autobiografia problematica che ha posto in dubbio la radice stessa dell’identità individuale e nazionale oltre che della missione ecclesiastica:
Sono gallese, e allora? Parlo una lingua che mi fu trasmessa. Mi fu tramandata dall’essere nato in un dato luogo, un posto immerso tra grigie colline sovras
Nulla per cui Glyn Dwr
Knew dovesse armarsi contro i fucili della pioggia. Dipendeva forse da lui? Perfino Dio aveva un nome locale. Gli parlava nella sua lingua antica e aveva un riguardo particolare per la gente del Galles. La storia ci ha dimostrato ch’Egli era troppo grande per essere inchiodato al muro di una cappella di pietra, e tuttavia lo crocifissero tra le pagine di un libro. Fui perseguitato malgrado questo. I miei zigomi alti, la lunghezza del mio cranio fecero in modo che venissero a me come alla rara effigie di un maestro scomparso. Li vedevo fissarmi dai loro trattori mentre gli passavo accanto immerso fino alle ginocchia nel fango delle varie stagioni. Li ho visti in piedi presso i cespugli di rovi guardarmi mentre mi facevo strada tra le greggi. Fissi su di me i loro sguardi schiaccianti. Sei gallesi, dicevano. E allora, parlaci nella nostra lingua. Tieni liberi i tuoi campi dall’odore di petrolio, dall’aspro fragore dei trattori. Abbiamo bisogni di quiete e pace. Del Museo della pace?- chiesi io. Sono forse io il custode dei relitti del cuore che soffia polvere nei propri occhi. Io sono un uomo. Non volli mai quest’ arido ruolo. E’ stata la vita ad assegnarmelo. Sono solo un attore che recita a un pubblico sepolcrale su un palcoscenico di terra e sassi. L’etichetta assurda dei miei natali mi pende al collo come un cappio. Ero in una prigione prima che arrivaste voi. La vostra voce era la chiave per aprire l’enorme chiavistello della disperazione. Si è aperta la porta perché io ne uscissi o voi vi entraste?
(R.S Thomas. “A Welsh Testament”, nella traduzione di Erminia Passannanti)
NB>(Manni editore ha pubblicato nel 1999 una scelta antologica di poesie di R.S. Thomas dal titolo Liriche alla svolta del Millennio, a cura di Erminia Pass
Welsh Authors translated into Italian
By Erminia Pass
(The Arts Council of
Title: | Liriche alla svolta di un millenio Poesie scelte |
Title: | Angelo di Cella |
Title: | Da Porto abbandonato a bianco oceano |
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